IL TRIBUNALE

    Riunito  in  Camera  di  consiglio nella causa iscritta al N.R.G.
13534/2004, letti gli atti, osserva;
                           I n  f a t t o
    Con citazione regolarmente notificata Rosario Manzi premesso che:
in  data  6  agosto  1999 ha acquistato presso il negozio finanziario
della  Banca  del  Salento S.p.A., (poi divenuta Banca 121 Promozione
Finanziaria  S.p.A.)  su  proposta  del  promotore  finanziario  Ezio
Iacovini,  quote  del fondo comune di investimento denominato «Spazio
obbligazionario Globale» per L. 800.000.000 (pari a Euro 412.165,52);
che:  il fondo investiva prevalentemente in obbligazioni (percentuale
non  inferiore al 60%) in paesi OCSE e solo in via residuale in paesi
in  via  di sviluppo e con divieto di investimenti in titoli azionari
salvo le acquisizioni di diritti su titoli gia' in portafoglio ma per
un massimo del 3%;
        che:  il profilo cliente incamerato in sede di sottoscrizione
prevede una bassa propensione al rischio;
        che:  a  seguito dell'acquisizione della Banca 121 Promozione
Finanziaria  S.p.A.  nel  gruppo bancario Monte dei Paschi di Siena e
della  sostituzione  del  gestore  con  la  Monte  dei  Paschi  Asset
Management SGR S.p.A. in data 22 novembre 2002 il fondo acquistato e'
stato cambiato su iniziativa unilaterale della Monte dei Paschi Asset
Management SGR S.p.A. in Fondo Ducato Geo America-latina. Fino a quel
momento  il  fondo  aveva  realizzato un'ottima prestazione tanto che
alla  data  della  sostituzione  il  valore  del portafoglio di parte
attrice   era   Euro  461.887,92;  il  nuovo  fondo  ha  le  seguenti
caratteristiche:  orizzonte  temporale  5-10  anni;  grado di rischio
molto  alto; strumenti finanziari investiti prevalentemente di natura
azionaria  emessi  da  paesi  emergenti  e quotati prevalentemente in
America latina, con possibilita' di elevati scostamenti del fondo dal
benchmark;
        che:  il  fondo dunque non e' adeguato rispetto alla volonta'
ed al profilo del sottoscrittore;
        che:  il  cambiamento non e' stato comunicato all'investitore
il  quale  ne  e'  venuto  a conoscenza solo in data 18 gennaio 2003,
quando  il  promotore  finanziario  Marrazzo  lo ha reso edotto anche
delle   perdite   e  della  valorizzazione  dell'epoca  pari  a  Euro
455.273,982.
    Tanto  premesso,  e  lamentando  una  serie  di  inadempimenti  e
violazioni  del  dovere  di  buona  fede, ha convenuto in giudizio la
Monte  dei Paschi Asset Management SGR S.p.A. per sentire accertare e
dichiarare  la  nullita'  dell'assegnazione  del  «Fondo  Geo America
latina»  in  sostituzione  del «Fondo Spazio Obbligazionario Globale»
per  difetto  di  consenso, di forma scritta e di violazione di norme
imperative;  accertare  e  dichiarare  la nullita' e l'inefficacia di
tutte  le  clausole  vessatorie  contenute nel «Regolamento Unico dei
Fondi  comuni  di  Spazio  Finanza  Fondi  S.p.A.» e nella domanda di
sottoscrizione;   dichiarare   inopponibili  all'attore  le  clausole
vessatorie   contenute   nel   «Regolamento  di  Gestione  dei  Fondi
Armonizzati  appartenenti al Sistema Ducato». In via subordinata, per
sentire  accertare  e  dichiarare  il  grave inadempimento perpetrato
dalla  Monte  dei  Paschi  Asset Management SGR S.p.A. per violazione
degli   artt.   21  e  seguenti  del  d.lgs.  n. 58/1998  e  relativo
regolamento  Consob  di  attuazione n. 11522. In ogni caso, per veder
condannata  la  Monte  dei  Paschi  Asset  Management  SGR  S.p.A. al
risarcimento   del   danno   patrimoniale   subito,  quantificato  in
complessivi Euro 69.077,22, di cui Euro 65.888,30 per danno emergente
ed  Euro  3.188,92  per  lucro  cessante, salvo, la maggiore o minore
somma  determinata  in  corso  di  causa,  oltre  interessi  legali e
rivalutazione  monetaria  dalla maturazione del diritto all'effettivo
soddisfo, e al pagamento di spese, diritti e onorati di causa.
    La Monte dei Paschi Asset Management SGR S.p.A. si e' costituita,
depositando  comparsa di risposta in data 21 giugno 2004, contestando
il contenuto della citazione.
    Con  la  prima  memoria  di replica, depositata in data 15 luglio
2004, l'attore ha espressamente dichiarato di volere, alla luce delle
deduzioni  di'  parte  convenuta,  chiamare  in  causa  la  Banca 121
Promozione Finanziaria S.p.A. e a tanto ha provveduto.
    La  Banca 121 Promozione Finanziaria S.p.A. si e' costituita, con
comparsa  depositata  in  data 10 novembre 2004, deducendo che per il
ruolo svolto la Banca 121 Promozione Finanziaria S.p.A. e' carente di
legittimazione passiva nel giudizio e comunque contestando nel merito
la domanda di parte attrice.
    Vertendosi   in   tema   di  responsabilita'  dell'intermediatore
finanziario correttamente il giudizio e' stato instaurato nelle forme
previste dal d.lgs. n. 5 del 2003.
    All'esito  della richiesta di fissazione dell'udienza avanzata da
parte  attrice,  con  istanza depositata in data 16 novembre 2004, il
giudice  designato  ha  provveduto sulle richieste istruttorie e, nel
fissare  l'udienza  collegiale  ha  indicato  alle parti la questione
rilevabile  d'ufficio  in  ordine alla incostituzionalita' del d.lgs.
n. 5/2003, questione gia' sollevata dal Tribunale di Brescia.
    All'esito  dell'udienza collegiale e dell'espletamento del libero
interrogatorio,   sentite  le  parti  in  ordine  alla  questione  di
costituzionalita' il collegio si e' riservato in merito alla predetta
questione e sulle richieste di modifica dell'ordinanza che ha ammesso
le prove.
    La   questione   di   costituzionalita'   va  affrontata  in  via
preliminare rispetto alle altre questioni.

                         I n  d i r i t t o

    L'art. 12 della legge di delega n. 366/2001 prevede che:
        1.  -  Il  Governo  e' inoltre delegato ad emanare norme che,
senza  modifiche della competenza per territorio e per materia, siano
dirette  ad  assicurare  una  piu'  rapida ed efficace definizione di
procedimenti nelle seguenti materie:
          a) diritto societario, comprese le controversie relative al
trasferimento delle partecipazioni sociali ed ai patti parasociali;
          b)  materie disciplinate dal testo unico delle disposizioni
in   materia  di  intermediazione  finanziaria,  di  cui  al  decreto
legislativo  24  febbraio  1998, n. 58, e successive modificazioni, e
dal  testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui
al  decreto  legislativo  1°  settembre  1993,  n. 385,  e successive
modificazioni.
        2.  - Per il perseguimento delle finalita' e nelle materie di
cui  al comma 1, il Governo e' delegato a dettare regole processuali,
che in particolare possano prevedere:
          a)  la  concentrazione  del procedimento e la riduzione dei
temimi processuali;
          b) l'attribuzione di tutte le controversie nelle materie di
cui al comma 1 al tribunale in composizione collegiale, salvo ipotesi
eccezionali  di  giudizio  monocratico in considerazione della natura
degli interessi coinvolti;
          c)  la  mera  facoltativita' della successiva instaurazione
della  causa  di  merito dopo l'emanazione di un provvedimento emesso
all'esito  di  un  procedimento  sommario cautelare in relazione alle
controversie  nelle  materie  di  cui  al comma 1, con la conseguente
definitivita'   degli   effetti   prodotti  da  detti  provvedimenti,
ancorche'  gli  stessi non acquistino efficacia di giudicato in altri
eventuali giudizi promossi per finalita' diverse;
          d)   un  giudizio  sommario  non  cautelare,  improntato  a
particolare   celerita'   ma   con  il  rispetto  del  principio  del
contraddittorio,  che  conduca  alla  emanazione  di un provvedimento
esecutivo anche se privo di efficacia di giudicato;
          e)  la  possibilita' per il giudice di operare un tentativo
preliminare di conciliazione, suggerendone espressamente gli elementi
essenziali,  assegnando eventualmente un termine per la modificazione
o  la rinnovazione di atti negoziali su cui verte la causa e, in caso
di    mancata    conciliazione,    tenendo    successivamente   conto
dell'atteggiamento  al  riguardo  assunto  dalle  parti ai fini della
decisione sulle spese di lite;
          f)  uno  o  piu'  procedimenti  camerali, anche mediante la
modifica degli artt. 737 e seguenti del codice di procedura civile ed
in   estensione   delle   ipotesi  attualmente  previste  che,  senza
compromettere   la   rapidita'  ditali  procedimenti,  assicurino  il
rispetto dei principi del giusto processo;
          g)  forme  di  comunicazione  periodica  dei  tempi medi di
durata   dei  diversi  tipi  di  procedimento  di  cui  alle  lettere
precedenti  trattati  dai  tribunali,  dalle Corti di appello e dalla
Corte di cassazione».
    In  relazione alla struttura che il legislatore delegato e' stato
chiamato a delineare per il processo ordinario - e con esclusione del
riferimento  ai  principi  dettati  in tema di giudizio cautelare che
concernono  profili  non  rilevanti in questo giudizio - dal disposto
dell'art. 12  della  legge  n. 366  del  2001  sono  estrapolabili  i
seguenti   principi:   1)   divieto   di  modifica  della  competenza
territoriale  e  per  materia;  2)  necessita' di assicurare una piu'
rapida  ed  efficace  definizione di procedimenti; 3) possibilita' di
dettare  regole processuali, che in particolare possano prevedere: a)
la  concentrazione  del  procedimento  e  la  riduzione  dei  termini
processuali; b) l'attribuzione di tutte le controversie nelle materie
di  cui  al  comma  1  al tribunale in composizione collegiale, salvo
ipotesi  eccezionali  di giudizio monocratico in considerazione della
natura  degli  interessi coinvolti; c) la possibilita' per il giudice
di  operare  un  tentativo preliminare di conciliazione, suggerendone
espressamente  gli  elementi  essenziali, assegnando eventualmente un
termine  per  la modificazione o la rinnovazione di atti negoziali su
cui  verte  la  causa  e,  in  caso di mancata conciliazione, tenendo
successivamente  conto  dell'atteggiamento  al riguardo assunto dalle
parti ai fini della decisione sulle spese di lite.
    Nella legge n. 366/2001 il legislatore, dunque, si e' limitato ad
indicare  le  materie  nelle  quali  il  Governo  poteva intervenire,
l'obiettivo  di  rendere  piu'  rapida ed efficace la definizione dei
procedimenti, il divieto di modificare la competenza per territorio e
materia,   la   tendenziale   collegialita'   del   procedimento,  la
possibilita'  di  valutare  l'atteggiamento  delle  parti  in sede di
tentativo  di  conciliazione  e la possibilita' di dettare regole che
favorissero   la  riduzione  dei  termini  e  la  concentrazione  del
procedimento.
    L'assoluta  genericita'  e  parzialita' dell'indicazione relativa
alle  modalita'  da  seguire,  per  la  realizzazione  dell'obiettivo
dichiarato   di   voler   assicurare  una  piu'  rapida  ed  efficace
definizione  di  procedimenti  nelle materie individuate, ha di fatto
lasciato  libero  il  legislatore delegato di creare un nuovo modello
processuale  che  esula  completamente  dallo schema del procedimento
ordinario disciplinato dal codice di procedura civile.
    A  fronte della situazione di fatto venutasi a creare che vede da
un lato una legge delega che nulla o quasi dice in ordine ai principi
direttivi  che  avrebbero  dovuto  ispirare il legislatore delegato e
dall'altro   un   decreto  legislativo  che  crea  un  nuovo  modello
processuale,  sovvertendo,  nelle  materie  indicate  dalla  legge di
delega,  i  tradizionali  canoni  che governano il processo civile, a
questo  collegio  si  pongono  due opzioni interpretative che in ogni
caso  conducono  ad  un  dubbio  di  costituzionalita'  in  relazione
all'art. 76 della Costituzione.
    La  prima  opzione  interpretativa,  sia  in ordine logico sia di
scelta  che  questo  collegio  reputa  piu'  consona allo spirito del
complesso  normativo  costituito  dalla  legge  delega  e dal decreto
legislativo,  e'  quella di ritenere che il legislatore delegante non
abbia  indicato  con  sufficiente determinazione i principi e criteri
normativi  che  avrebbero  dovuto  guidare  l'operato del legislatore
delegato e che quindi l'art. 12, della legge n. 366/2001 non soddisfi
il  precetto  dell'art. 76  della Costituzione che consente la delega
dell'esercizio  della  funzione  legislativa  al  Governo solo previa
determinazione di principi e criteri direttivi.
    Non  ignora  questo  tribunale  come, per giurisprudenza costante
della Corte costituzionale, i principi direttivi che l'art. 76 Cost.,
richiede  alla legge delega non escludono la possibilita' di lasciare
al   legislatore   delegato  un  ampio  margine  di  discrezionalita'
nell'individuazione  delle  modalita'  attraverso le quali realizzare
gli  obiettivi prefissati dalla legge delega. Il potere attribuito al
legislatore  delegato,  pero', per quanto ampio, non puo' travalicare
il  limite  della  discrezionalita'  nel  senso  che,  come  la Corte
costituzionale   insegna,  sin  da  risalenti  pronunzie,  «la  legge
delegante   va   considerata   con   riferimento   all'art. 76  della
Costituzione,  per  accertare se sia stato rispettato il precetto che
ne  legittima  il processo formativo. L'art. 76 indica i limiti entro
cui  puo'  essere  conferito  al  Governo  l'esercizio della funzione
legislativa.  Per quanto la legge delegante sia a carattere normativo
generale, ma sempre vincolante per l'organo delegato, essa si pone in
funzione   di   limite   per  lo  sviluppo  dell'ulteriore  attivita'
legislativa  del  Governo. I limiti dei principi e criteri direttivi,
del  tempo  entro  il quale puo' essere emanata la legge delegata, di
oggetti  definiti,  servono da un lato a circoscrivere il campo della
delegazione  si'  da  evitare  che la delega venga esercitata in modo
divergente  dalle  finalita'  che la determinarono; devono dall'altro
consentire   al  potere  delegato  la  possibilita'  di  valutare  le
particolari  situazioni giuridiche della legislazione precedente, che
nella  legge  delegata deve trovare una nuova regolamentazione. Se la
legge  delegante  non  contiene, anche in parte, i cennati requisiti,
sorge   il  contrasto  tra  norma  dell'art. 76  e  norma  delegante,
denunciabile  al sindacato della Corte costituzionale, s'intende dopo
l'emanazione della legge delegata» (cfr. Corte cost. 26 gennaio 1957,
n. 3).
    In  particolare,  per  quel  che  rileva in questa sede, nulla ha
detto  la legge delega in ordine allo schema processuale da adottare,
lasciato  non  piu'  alla  scelta  discrezionale, ma all'arbitrio del
legislatore  delegato,  come  emerge  chiaramente  dal  contenuto del
decreto  legislativo che ha creato un nuovo modello di processo al di
fuori delle regole dettate dal codice di procedura civile.
    Il  nuovo  rito societario previsto per il processo di cognizione
davanti  al tribunale costituisce infatti, come indicato dalla stessa
relazione  della  commissione  ministeriale,  un vero e proprio nuovo
modello  processuale,  che  si  distacca  volutamente sia dal modello
processuale  del 1942, sia da quello del processo del lavoro del 1973
ed  infine  anche  da  quello delineatosi con la riforma del 1990. Il
nuovo  rito  di  cognizione  di  primo  grado davanti al tribunale in
materia  societaria  prevede  tutta  la prima fase del processo senza
l'intervento del giudice; nell'atto di citazione ai sensi dell'art. 2
non  e'  piu'  indicata l'udienza avanti al giudice ed il termine che
l'attore  fissa  al  convenuto per la comunicazione della comparsa di
risposta  e'  stabilito  solo  nel  minimo,  cosi'  nella comparsa di
risposta  ai  sensi dell'art. 4 il convenuto puo' a sua volta fissare
all'attore  per  eventuale  replica  un  termine stabilito ancora una
volta solo nel minimo, e con lo stesso meccanismo l'art. 6 prevede la
possibilita'  di  una  replica  da  parte  dell'attore  e l'art. 7 la
possibilita' di una controreplica da parte del convenuto e poi ancora
ulteriori  repliche  e controrepliche. Solo a seguito dell'istanza di
fissazione  di udienza di cui all'art. 8 interviene il giudice, in un
momento pero' m cui sia il thema decidendum che il thema probandum si
sono  gia'  definitivamente  formati, totalmente al di fuori, quindi,
del  controllo  del  giudice.  D'altra  parte  la  stessa  istanza di
fissazione  di  udienza,  con  gli  effetti preclusivi rilevantissimi
stabiliti  dall'art. 10,  e'  uno  strumento  lasciato  nella  totale
disponibilita'  delle  parti  o  anche  di una sola di esse, che puo'
utilizzarlo  a  suo  piacimento, nel momento ritenuto piu' opportuno.
Ancora   poi   va   segnalato  l'art. 13  in  tema  di  contumacia  o
costituzione   tardiva  del  convenuto,  che  introduce  l'innovativo
principio  (di  cui nella delega non vi e' traccia), per cui nel caso
in cui il convenuto non notifichi la comparsa di risposta nel termine
stabilito o anche solo si costituisca tardivamente «i fatti affermati
dall'attore  ...  si  intendono  non contestati e il tribunale decide
sulla domanda in base alla concludenza di questa».
    Da  quanto  precede  emerge  con  chiarezza  che  il  legislatore
delegato,  in  forza  di  una  delega  assolutamente carente sotto il
profilo  dell'indicazione  di criteri direttivi, ha potuto creare una
disciplina interamente nuova per il processo societario di cognizione
ordinaria,  anticipando  quel  rito  ordinario  prefigurato dal testo
redatto  dalla  commissione  ministeriale per la riforma dei processo
civile.
    Non  reputa  questo tribunale che possa andare esente da dubbi di
costituzionalita' una legge di delega che nel consentire la creazione
di  un  nuovo processo, seppur circoscritto a determinate materie, si
limiti  ad  indicare  un  obiettivo,  quello  di «assicurare una piu'
rapida  ed efficace definizione di procedimenti», tra l'altro nemmeno
particolarmente qualificante in quanto comune a qualsivoglia progetto
di  riforma  del  processo  civile,  un  divieto  di  «modifica della
competenza  territoriale  e  per  materia»,  una  preferenza  per  la
collegialita',  un  rilevante  ruolo del tentativo di conciliazione e
un'indicazione   di   massima  a  favore  della  «concentrazione  del
procedimento e riduzione dei termini processuali».
    Di   conseguenza   ad   avviso   del   Collegio,  in  quanto  non
manifestamente    infondata,    va    rimessa    la    questione   di
costituzionalita'  dell'art. 12  della  legge n. 336/2001 nella parte
relativa al procedimento ordinario di primo grado e, per derivazione,
degli artt. da 2 a 17 del decreto legislativo n. 5 del 2003.
    La  questione  e' altresi' rilevante in quanto vertendosi in tema
di  responsabilita'  dell'intermediatore  finanziario  il giudizio e'
stato  instaurato  nelle  forme  previste  dal  d.lgs.  n. 5 del 2003
emanato  in  forza  della predetta legge di delega, e dalla pronunzia
della Corte costituzionale dipende l'applicabilita' dell'intera nuova
disciplina processuale alla concreta fattispecie sottoposta al vaglio
di questo tribunale.
    In  via  subordinata  e  per  l'ipotesi  in  cui la Corte dovesse
ritenere   costituzionalmente   legittimo   l'art. 12   della   legge
n. 366/2001   reputa  questo  collegio  che  non  sia  manifestamente
infondato  il  dubbio di costituzionalita' degli artt. 2, 3, 4, 5, 6,
7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17 del d.lgs. n. 5 del 2003 per
contrasto   con   l'art. 76  della  Costituzione  in  quanto  emanati
eccedendo dai principi e criteri direttivi dettati dalla legge n. 366
del 2001.
    Per    evitare    il    sospetto   di   incostituzionalita'   per
indeterminatezza e genericita', si dovrebbe invero compiere lo sforzo
interpretativo   di   leggere   la  legge  n. 366  del  2001  facendo
riferimento  alla  disciplina  del  vigente  processo  di  cognizione
davanti  al tribunale, come contenuta nel libro II, titolo I, c.p.c.,
il  rito  cioe' che sino al 31 dicembre 2003 e' stato applicato anche
alle  controversie  societarie  e  che il legislatore delegante aveva
davanti   al   momento   della   concessione   della  delega;  sforzo
interpretativo   gia'   compiuto  da  altri  giudici  ordinari  (cfr.
Tribunale  Brescia  18  ottobre 2004 che ha rimesso la questione alla
Corte  costituzionale).  La  disciplina  del  processo  di cognizione
davanti al tribunale contenuta nel codice di procedura civile prevede
che  il  processo si svolga attraverso la successione di piu' udienze
fisse  ed  obbligatorie,  in particolare quella di prima comparizione
(art. 180  c.p.c.),  quindi la prima udienza di trattazione (art. 183
c.p.c.),   cui   puo'   seguire   un'udienza  per  la  discussione  e
l'ammissione   delle   prove   (art. 184   c.p.c.)  ed  eventualmente
un'ulteriore  udienza  di  precisazione  delle  conclusioni (art. 189
c.p.c.).  Se  si  volesse  individuare una determinatezza dei criteri
direttivi  nella  legge  di delega dovrebbe necessariamente ritenersi
che    il   legislatore   delegante   indicando   il   principio   di
«concentrazione   del   procedimento»   abbia   fatto   evidentemente
riferimento   proprio   a  questa  scansione  prevista  nel  processo
ordinario.  Ugualmente  il processo ordinario vigente prevede che tra
il  giorno  della notificazione della citazione e quello dell'udienza
di  comparizione  debbano  intercorrere  termini liberi non minori di
sessanta  giorni,  fissa il termine meramente ordinatorio di quindici
giorni  per  la successione fra le varie udienze (art. 81 delle norme
di  attuazione  c.p.c.),  stabilisce  ai  sensi dell'art. 183 c.p.c.,
quinto  comma  un termine massimo di trenta giorni per il deposito di
memorie  e  di altri trenta per le repliche, non prestabilisce nessun
termine per il deposito delle memorie istruttorie ex art. 184 c.p.c.,
primo  comma  seconda  parte, e prevede il termine di sessanta giorni
per il deposito delle comparse conclusionali e di venti per eventuali
repliche.  Soltanto  con  il  riferimento  a  tali  termini  potrebbe
riempirsi  di  contenuto  la  generica  indicazione  del  legislatore
delegante  del principio di «riduzione dei termini processuali». Solo
questa  lettura,  estremamente riduttiva e per questo proposta in via
subordinata  rispetto all'altra, dei principi fissati dal legislatore
delegante,  altrimenti invero generici, sarebbe possibile per evitare
il  dubbio di costituzionalita' della legge n. 366 del 2001. E' pero'
evidente che in questo caso l'articolato contenuto negli artt. da 2 a
17, d.lgs. 17 gennaio 2004, n. 5 con cui si e' inteso dare attuazione
alla  delega,  contrasterebbe  con i principi fissati dal legislatore
delegante  per  «eccesso  di delega», alla luce delle caratteristiche
del  nuovo rito societario come gia' sopra sintetizzate. L'operazione
effettuata  dal  decreto legislativo non e' stata quella di prevedere
un  rito concentrato rispetto all'attuale rito ordinario disciplinato
dagli   artt. 163   ss.   c.p.c.,  bensi'  quella,  che  si  e'  gia'
evidenziata, di introdurre nell'ordinamento un'anticipazione del rito
ordinario   prefigurato   dal   testo   redatto   dalla   commissione
ministeriale per la riforma del processo civile.
    Anche   la   questione   di  costituzionalita'  proposta  in  via
subordinata  e' rilevante ai fini del presente giudizio per le stesse
ragioni indicate per la questione proposta in via principale.
    Tanto premesso in fatto e diritto, va disposta la sospensione del
presente   giudizio   e   la   trasmissione  degli  atti  alla  Corte
cotituzionale  per  la  decisone  sulla  questione  pregiudiziale  di
legittimita'  costituzionale,  siccome rilevante e non manifestamente
infondata.   Alla  cancelleria  vanno  affidati  gli  adempimenti  di
competenza, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.